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giovedì 22 febbraio 2018

Tortini di sapa


La sapa è un ingredienti che, in modo particolare, mi ricorda l'infanzia come già detto quando mi sentii molto Proust.
Nella mia zona, la sapa è un ingrediente utilizzato spesso per la preparazione di dolci tipici, in particolare su pani e saba che, appunto, è un pane, fatto con il lievito madre, ricco di frutta secca e che richiede una preparazione lunga.
Questi tortini pur avendo molti degli ingredienti de su pani 'e saba, se ne differenziano sia per la presenza dello zucchero, sia per la consistenza che è morbida, oltre che, naturalmente, per i tempi rapidi di preparazione.
Io ho apportato delle varianti alla ricetta che mi è stata data, non ho messo il cioccolato fondente, né le arance candite, né la saporita usando come spezia solo la cannella. 

Ingredienti per circa 12 tortini:
500 ml. sapa
250 gr. zucchero
2 uova
500 gr. farina
Una bustina lievito
Una bacca vaniglia
Cannella q.b.
200 gr. uvetta
Una tazzina di grappa
2 arance
Un caffè ristretto
120 ml. di latte
25 gr. cacao amaro
200 gr. noci
200 gr. nocciole
200 gr. mandorle
Un pizzico di sale

Preparazione:
Frullare le uova con lo zucchero, unire la scorza dell’arancia grattugiata, la farina e gradualmente, il latte, la sapa, i semini della vaniglia e un pizzico di sale.
Unire le noci, le nocciole, le mandorle, il cacao, il caffè, la cannella e l’uvetta fatta ammollare in precedenza, sempre mescolando con una spatola per amalgamare bene gli ingredienti.
Infine la grappa e il lievito, mescolare.
Versare il composto negli stampini e far cuocere a 180° per circa 25/30 minuti.
Far raffreddare e decorare a piacere.


venerdì 23 agosto 2013

Proust e la sapa

Oggi stavo leggendo, con calma, la ricetta dei mostaccioli che una mia amica mi ha gentilmente concesso e già questo è un evento eccezionale visto che le persone della sua zona (e non dico quale ché oggi son buona) non concedono ricette neanche sotto tortura. A una seconda lettura di siffatta ricetta la mia attenzione si è soffermata su un ingrediente che, in precedenza, non avevo notato. Nella quinta riga c'era scritto: un bicchiere di mosto cotto. Ho avuto l'illuminazione: il mosto cotto è la sapa. E con sorrisino da ebete ho ricordato. Mi son sentita molto, ma molto, Proust. Alla ricerca dei profumi perduti. Mi son rivista nella cucina di mia madre, quella piccola oramai abbandonata perché sostituita da una grande quanto un appartamento di medie dimensioni. Ho rivisto mia madre e un grosso pentolone che bolliva e bolliva e bolliva. Era autunno, ne son proustianamente certa. Io e mia sorella gironzolavamo per la casa inebriate o forse nauseate dall'odore pungente di quel mosto che pareva non volesse mai smettere di cuocere. E quell'odore che aveva, indubbiamente, un effetto-sballo non indifferente impregnava ogni cosa e, soprattutto, lo si sentiva anche nei giorni successivi. Anche quando aveva smesso, forse per sfinimento, di cuocere. Anche quando la cucina era stata ripulita. Anche quando gli ambienti erano stati diligentemente arieggiati. Ma quello sballo delle figliole era necessario e fondamentale. Era un passo indispensabile per la realizzazione de su pani 'e saba (pane di sapa) dolce tipico dal colore molto scuro dato, appunto, dalla malefica sapa.
Ora mi verrebbe da chiedere alla mia cara mamma se io e mia sorella siamo venute su così come siamo per via di quelle inalazioni (quindi è tutta colpa sua). E, soprattutto, visto che il danno è ormai fatto mi verrebbe spontaneo chiederle "ma quando lo rifacciamo su pani 'e saba?"

Per concludere, ringrazio Sandra per la gentile concessione e, soprattutto, per il momento proustiano che, inconsapevolmente, mi ha regalato.